A.I. robot piace social

05 Novembre 2021 3

La nuova sfida della robotica sembra riguardare l'interazione robot-robot, sino ad arrivare a quella ancor più importante robot-uomo. Sempre più si parla di contesto collaborativo (e di giusta tempistica), fattore che chiama in causa una seconda dimensione che deve necessariamente andare ad affiancarsi all'interrelazione fisica: quella sociale. Le sperimentazioni sono in corso presso i laboratori del MIT, e richiederanno diverso tempo prima di portare a risultati concreti. Le prime indicazioni, però, sono estremamente promettenti.

Anche il robot più sofisticato non è in grado di eseguire interazioni sociali di base che sono fondamentali per la vita umana quotidiana.

LA VARIABILE SOCIALE

Tutto cambia se si integra nel robot la variabile sociale, facendogli capire "cosa significa aiutare od ostacolare l'altro". A seconda dell'obiettivo che si è prefissato (meglio: che gli è stato prefissato), il robot può così osservare il comportamento dell'altro robot, prevedere le sue mosse e, di conseguenza, decidere se aiutarlo od ostacolarlo. Perché tutto questo? Perché umanizzare il robot rendendo il suo comportamento dipendente da quello di un altro robot o addirittura dell'uomo?

I motivi sono diversi, a partire dal miglioramento della comunicazione uomo-robot ad esempio in ambito lavorativo, o ancora nel caso di assistenza alle persone anziane. I risultati di queste sperimentazioni potrebbero risultare preziosi anche negli studi sull'autismo o nell'analisi degli effetti generati dagli antidepressivi. "Hanno bisogno di capire quando è il momento di aiutare o d i capire cosa fare per impedire che accada qualcosa", spiega Boris Katz del MIT.

LA SPERIMENTAZIONE
  • Contesto: ambiente simulato in cui i robot perseguono obiettivi fisici e sociali muovendosi su una griglia bidimensionale.
    • Fisico: muoversi lungo la griglia
    • Sociale: capire cosa sta facendo l'altro robot e decidere cosa fare di conseguenza, optando per l'aiuto o l'ostacolo (la scelta viene definita da un algoritmo).

Elemento fondamentale della ricerca è la definizione di quanta enfasi debba essere data al perseguimento dell'obiettivo fisico, e quanta invece a quello sociale. Ogni volta che il robot compie un'azione che lo avvicina al raggiungimento dei suoi obiettivi riceve una ricompensa. Tale ricompensa viene utilizzata dall'algoritmo "pianificatore" per guidare costantemente il robot a perseguire "una miscela di obiettivi fisici e sociali". Tradotto in altri termini, viene simulata la tipologia di interazione "naturale" che si ha nella vita reale: un mix di obiettivi fisici e sociali, appunto.

Ecco dunque che vengono definiti tre tipologie di robot:

  • Robot 0: solo obiettivi fisici
  • Robot 1: obiettivi fisici e sociali ma crede che gli altri robot abbiano solo obiettivi fisici
  • Robot 2: obiettivi fisici e sociali e crede che gli altri robot abbiano obiettivi fisici e sociali. Robot di questo livello possono cooperare per lavorare insieme ed aiutarsi (od ostacolarsi) a vicenda

I ricercatori hanno simulato 98 scenari incrociando robot di livello 0, 1 e 2, e i comportamenti sono risultati essere nella maggior parte dei casi analoghi a quelli che avrebbero assunto gli esseri umani.

I PROSSIMI PASSI

La ricerca futura si incentrerà sulla sostituzione del modello 2D in uno tridimensionale, dove le interazioni sono maggiori e più complesse - ad esempio la manipolazione di oggetti. Non solo: si proverà ad affidare il ruolo di pianificatore alle reti neurali, cosicché il sistema possa risultare autonomo e affinarsi nel tempo.

Thanks to Salvo

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