
Mobile 22 Gen
Alla fine la rottura c'è stata: Facebook ha deciso di interrompere la possibilità di condividere link e news per tutti gli utenti e le pagine australiane. La mossa, senza precedenti, arriva a poche ore dall'approvazione della modifica al Consumer Act 2010 che altera fortemente lo scenario dell'editoria online.
Il tema era diventato centrale già dal mese di gennaio, quando Google aveva esternato la sua minaccia di abbandonare il mercato australiano qualora la modifica fosse passata. In sostanza questa impone il pagamento agli editori da parte delle piattaforme di condivisione nelle quali vengono pubblicati articoli, notizie o qualsiasi altro materiale assimilabile. Ciò significa che motori di ricerca come Google o social network come Facebook, dovranno trovare accordi con i singoli editori per stabilire una forma di compenso che tenga conto anche delle azioni di condivisione fatte dagli utenti all'interno dei loro servizi.
Nonostante le minacce iniziali - che hanno subito portato Microsoft a dichiarare di essere pronta a sostituirsi alla casa di Mountain View -, al termine dei 3 mesi di adeguamento concessi, Google ha siglato un accordo con l'editore News Corp di Ruperth Murdoch, riuscendo quindi ad inquadrarsi in maniera corretta all'interno del nuovo ordinamento australiano e non solo. L'accordo con Murdoch, infatti, ha valenza globale, ha una durata di 3 anni e al suo interno rientrano tutte le principali testate del gruppo, tra cui colossi come Wall Street Journal, New York Post, Times, Sun, Herald Sun, Daily Telegraph e molti altri ancora.
Facebook ha invece scelto di affrontare la strada dello scontro frontale e la prima iniziativa presa ha comunque lo scopo di adeguare la piattaforma alle nuove regole, solo che lo fa da un punto di vista diametralmente opposto. Invece che trovare accordi commerciali, il colosso di Menlo Park ha scelto di impedire che i propri utenti australiani possano infrangere la nuova direttiva locale, bloccando quindi la possibilità di condividere qualsiasi tipo di contenuto proveniente da fonti esterne.
L'azienda ha pubblicato un lungo comunicato stampa (lo trovate in Fonte) nel quale vengono spiegate le motivazioni dietro questa decisione. Fondamentalmente Facebook ritiene che la nuova legge interpreti in maniera errata la relazione tra le piattaforme web e i publisher, dal momento che i contenuti condivisi sui social (ma anche su Google) non vengono commissionati e richiesti dalle piattaforme, ma vengono liberamente pubblicati dai publisher che le utilizzano per ottenere maggiore visibilità. Facebook sostiene che questa relazione sia più vantaggiosa per chi produce contenuti rispetto alla piattaforma su cui vengono condivisi, motivo per cui non ritiene di dover corrispondere alcuna remunerazione aggiuntiva.
Per questo motivo Facebook preferisce bloccare la possibilità di condivisione dei contenuti in Australia, piuttosto che intraprendere la strada percorsa da Google. Il social network blu ha sicuramente meno da perdere in questo senso - l'azienda stima che solo il 4% dei contenuti del feed delle notizie sia composto da articoli -, motivo per cui può permettersi un approccio più netto alla questione.
Della complicata relazione tra editori e piattaforme web avevamo già parlato in occasione di una notizia simile, ovvero lo storico accordo tra Google e la Francia che porterà maggiori ricavi per gli editori oltralpe. Il rapporto tra queste due realtà non è così semplice da definire e qualsiasi approccio assolutista riesce a cogliere solo parte della complessità che lo regola. È senza dubbio vero che la condivisione di una notizia su Facebook e la comparsa nei risultati della ricerca Google sono tutti elementi che avvantaggiano la visibilità dell'editore, dandogli una porta d'accesso ad un pubblico più ampio.
Nonostante ciò, è altrettanto vero che la forza di realtà come Google risiede proprio nel fatto di essere in grado di mostrare contenuti: se la ricerca Google dovesse smettere di proporre notizie rilevanti per gli utenti, la sua utilità verrebbe fortemente ridimensionata in poco tempo, motivo per cui anche un colosso del genere è fortemente dipendente dall'accesso agli stessi contenuti a cui dona visibilità. Si tratta di un classico rapporto simbiotico che porta benefici ad entrambe le parti e sul quale è necessaria la massima attenzione prima di intervenire con normative che potrebbero creare distorsioni peggiori della situazione che provano a correggere.
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Commenti
Dove lo prendono il traffico? Quale è la percentuale di utenti che digita sulla barra degli indirizzi il sito di una rivista? Lo 0,x%
In pratica i grandi geni della politica che pensavano di favorire i siti locali, facendola pagare ai cattivoni internazionali se la stanno mettendo in quel posto da soli e per giunta a secco.
Stai suggerendo che siano i media stessi a diffondere la cultura sbagliata che li fa quello che sono, veicoli di disinformazione o cattiva informazione. Capisco che può sembrare giusto e più semplice, ma se lo scopo è quello di imparare a interagire con i media perchè molti di essi creano questo fenomeno la cultura non può divenire dal sistema stesso. Il primo mezzo contro l'analfabetismo digitale e di diffusione della cultura rimane un buon sistema scolastico che si adegua al contemporaneo, magari sostituendo l'inutile ora di religione con qualcosa di più attuale e reale. Si deve prevenire che chi entra in contatto con questo mondo sia impreparato o che debba essere esso stesso a cercare di farsi una cultura. Siccome non abbiamo internet di stato e l'informazione (per fortuna) è ancora libera, non è possibile che i media stessi siano l'insegnate o la cura, ci vuole il vaccino in modo tale che quando l'utente entra in contatto con queste piattaforme, in teoria anche giornali e telegiornali ovviamente, sappiano verificare e distinguere cosa stanno leggendo/ascoltando. In questo siamo in tremendo ritardo in tutto il mondo, ne sono esempio estremi i Qanon, i No-Vax, i terrapiattisti e i vari compolottari vari, vittime di notizie parziali e decontestualizzate, queste persone non vogliono farsi una cultura perchè pensano che quella è manipolata "dai poteri forti", cosa che con una buona educazione digitale non sarebbe successo. Purtroppo penso che ormai certe generazioni siano andate, ma non è mai troppo tardi per iniziare ad adeguare il sistema istruttivo al mondo che ci circonda.
Lo scopriremo nei prossimi mesi.
Sono i giornalisti stessi che aderiscono a questa filosofia, purtroppo.
Ho iniziato a provare fastidio per la categoria che si autoproclama "difensore universale della libertá" mentre producono titoli clickbait anche sui giornali.
Per esempio migliaia di migranti morti ma titolone solo quando é morta la bambina affogata con foto in primo piano.
I primi sciacalli sono loro, i giornalisti VENDONO le informazioni, non lavorano gratis...
Rispetto chi invece finisce anche sotto scorta per le inchieste che fa che spesso muovono anche la macchina giudiziaria, non sono degno nemmeno di allacciare le scarpe a persone di quel calibro.
Non ho capito il problema
Ci penseranno gli editori stessi a rendere nulla sta boiata, sicuramente redatta da gente che di digitale conosce al massimo la bilancia pesapersone.
Avete presente di quanto crollerebbe il traffico e ovviamente gli introiti di un sito senza la visibilità di FB/Google?
A prescindere dalla vicenda in questione, come si fa a sostenere un'azienda privata quando è in "conflitto" con uno Stato?
La prima ha come unico scopo il profitto, il secondo invece (dovrebbe) tutela(re) gli interessi collettivi.
Secondo te perché un social attira più utenti di un giornale?
Di professione faccio l'UX Designer e ti assicuro che un prodotto ben pensato e ideato (come un abito su misura) sull'utente finale ha statisticamente piu successo di un altro (giornale!) che non riesce ad adattarsi a "nuovi trend".
Scendere a certi livelli indica chiaramente che sia ha una corretta percezione del mercato in cui opera.
https://uploads.disquscdn.c...
Nulla, non vuoi mollare :D
PS: la navigabilità ridotta a 3 articoli al mese è una strategia di marketing della testata. Si basa semplicemente su cookie. Se provi ad aprire gli articoli in modalità anonima puoi leggerti anche tutto il sito. Ah, e non c'entra nulla con Facebook. Anche arrivandoci direttamente digitando l'URL in barra si incappa poi nel limite.
quindi?magari hai un abbonamento!ripeto prova tu a leggere due tre volte i corriere e poi condividere,che e come parlare di pere invece di mele ma va bene
https://uploads.disquscdn.c...
Perdonami tu, ma non è necessario cambiare le parole solo per far valere la propria critica. Da nessuna parte ho scritto che sono L'UNICO modo. Eddai, ho scritto il PRIMO poiché sin dall'infanzia ci condiziona quotidianamente.
E cosa critichi il mio esempio a fare dato che il motivo di tale confronto era solo in risposta sulla questione "con una patente si evitano problemi" che non ha nessun senso, al pari di come la patente per automobili non garantisce di certo che chi ne è impossesso non faccia poi danni.
Io non so cosa sono capaci o cosa no,sta di fatto che tutti pregano che il modello australia arrivi in italia!questo non e vero,se non hai l'abbonamento su corriere non condividi niente,si blocca subito la pagina.
Imbarazzante.
Secondo te le testate giornalistiche non sarebbero in grado, se volessero, di bloccare il traffico proveniente da Facebook?
Sai che al contrario invece ognuna di esse lavora per far sì che i propri articoli siano più facili da raggiungere tramite condivisione addirittura proponendo già il tasto "condividi su fb" direttamente su ogni articolo?
Perché farebbero ciò se non fossero propensi alla piattaforma di Zuck?
E parlo di: Repubblica, La Stampa, Il Giornale, IlFattoQuotidiano, Libero, Il Corriere, La Gazzetta dello Sport, Il Sole 24 Ore
TUTTI danno la possibilità di condividere su Fb i propri articoli, direttamente dalla pagina del sito web.
L'analfabetismo è una causa, forse la causa, come dici tu, Detto ciò che per emergere nella mole incredibile di informazioni dei social i giornali ormai siano scesi a livelli inaccettabili è un fatto incontrovertibile.
Perdonami in quale mondo i media sono l'unico veicolo di cultura ? L'esempio con il codice della strada, se proprio vogliamo forzarlo, è che a scuola guida ti insegnano a non andare contromano in autostrada, se proietti la condivisione di false notizie su quel esempio è come se giornalmente il 60% andrebbe contromano. Invertendo difatto il senso di marcia delle strade ad un certo punto.
E che cambia?
A scuola guida insegnano il codice della strada e come si guida, ma non mi pare che non ci siano incidenti o violazioni del suddetto codice.
L'analfabetismo si cura con la cultura, e il primo mezzo per raggiungere tale scopo sono proprio i media. Se questi però devono piegarsi alle nuove regole di mercato dove gli unici introiti arrivano solo grazie a un click.. ecco come siamo arrivati a questa situazione
Quindi o paghi il pizzo o nulla ? Non ho poi ben capito l'accordo di Google con Murdoch solo per le sue piattaforme, google mostrerà solo quelle in australia per non dover pagare anche gli altri ? Se così fosse per il caro Ruperth sarebbe un bel accordo Win-Win e oltre al resto dell'editoria australiana che lo prende in quel posto, avrebbe praticamente il monopolio dell'informazione online e questo per l'utente non è niente di buono. Ah l'Australia, si dimostra sempre il paese delle meraviglie...
Ma non devi spiegare niente,sei gia confuso cosi.Se tutti i giornali (anche in italia)ma forse tu non leggi mai la stampa stampata si lamentano di facebook vuol dire che non li sta bene.
Io credo che proprio i social hanno devastato l'informazione mondiale (insieme alle democrazie). L'uso spropositato di titoli da clickbaiting sta mortificando la professione del giornalista e dei media tutti. Sarebbe il caso di ripensare l'uso delle news all'interno di quelle "piazze" pubbliche.
No, a voler essere pignoli tu sei la materia prima per produrre il surplus comportamentale
Dipende, il prodotto sei tu.
Ma spiegami perché devo stare sempre a perdere tempo a spiegarti cose che non capisci.
Google è il maggior "succhiatore di contenuti" del pianeta, ma non è l'unico. Alcuni danno un vantaggio, altri invece rubano solo introiti.
Facebook è sulla linea: da una parte offre il vantaggio di raggiungere una vasta platea di persone (con target specifico, vista la profilazione), dall'altra c'è il rischio che la gente si limiti al solo titolo senza cliccare l'articolo. Tuttavia Facebook trae molti guadagni da questa cosa, perché la maggior parte dei suoi utenti utilizza la piattaforma ANCHE per tenersi informato.
Ora, i publisher di tutto il mondo lamentano il problema dei news feed e il governo Australiano, in questo caso, di propria iniziativa è sceso in campo con una proposta di legge dove obbliga i "social-big" a prendere accordi per fornire un compenso agli editori.
Google l'ha fatto, perché tra i due era quello più in difetto. Facebook invece no, facendosi forza del fatto che gli editori oggi hanno per forza bisogno di farsi vedere sul suo social, mentre costoro fanno valere che è anche merito loro se la gente la mattina apre anche Facebook oltre che instagram (per dirla in termini molto semplicistici).
E non ci voleva un master alla Bocconi per capirlo.
Gratuito... è arrivato Babbo Natale... o solo babbo?
Hanno fatto bene lol. Invece di pagare il pizzo a murdoch. Sono pur sempre un azienda privata che fornisce un servizio (gratuito tra l'altro), quindi possono fare quello che vogliono.
infatti ancora non capisci cosa hai scritto!ma va bene,se facebook era un vantaggio non avrebbero fato la guerra con gli editori!
Forse ti conviene informarti meglio, e rileggere bene il mio commento.
"Facebook ERA un vantaggio per gli editori": Era poiché ha già deciso di interrompere tale funzionalità. Google invece si è adeguata e ha siglato un accordo.
Non avrei mai creduto di dire una cosa del genere, ma per come stanno le cose la penso abbastanza come Facebook
Forse ti conviene informarti meglio,nessuno dei due ha vinto per ora,google ha ottenuto quello che voleva o quasi e si fatta pure pagare,cosi come i giornali.
paese che vai usanze o politici che trovi
Andava peggio nella antica grecia:)2000 anni e non e cambiato niente
Ora amo l'Australia. Grazie.
Non è ancora weekend!
https://www.newscientist.com/article/2140747-laws-of-mathematics-dont-apply-here-says-australian-pm/
Il primo articolo che ho trovato. Se uno avesse dubbi sui nostri politici, guardare quelli australiani ti fa sentire orgoglioso persino dei nostri peggiori nomi.
In che senso "la matematica deve sottostare alle leggi nazionali"?
Ricordo che l'australia è quel paese dove la crittografia deve avere backdoor e la matematica deve sottostare alle leggi nazionali
Google dispone di un news aggregator (visibile sul web o su smartphone tramite widget dedicato). Solo recentemente alcune nazioni hanno stabilito un compenso dovuto agli editori da parte di G.
Su Facebook è visibile solo il titolo, una foto, e un mini-sunto lungo come un tweet.
Tra l'altro questa filosofia del titolone ha generato mostri come Il Giornale; maestri del clickbaiting radicalizzato.
In effetti la semplice condivisione di un link è diversa dal creare un servizio di news feed con tanto di snippet basato sui contenuti delle testate giornalistiche. Però sia Facebook che Google non sono delle onlus e permettere lo sharing è parte integrante del loro modello di business. Quindi, alla fine, temo dovranno capitolare
Mmmmh, a me pare che siano simili in realtà: sia Google che FB propongono un'anteprima del link ma poi se clicchi vai al sito originale, non mi pare che Google importi l'intero articolo sul suo dominio.
La mossa australiana è corretta, tuttavia Facebook in questo caso era un vantaggio per gli editori; sul social è possibile condividere il link ad un articolo presente sul proprio sito, e questo genera traffico al contrario di Google che invece si "appropria" del contenuto dello stesso per riproporlo a guadagno zero (per l'editore) sul proprio motore di ricerca.
Tuttavia non verserò una lacrima per Zucchy.
Togliere l'informazione da Facebook risolverebbe il problema di clickbaiting, fake news, complottismi e radicalizzazioni in uno schiocco di dita. Ben venga.