
04 Aprile 2022
Chiamatelo sensore olfattivo o più semplicemente naso artificiale, fatto sta che quello realizzato dall'Institute for Materials Chemistry and Engineering dell'Università di Kyushu in collaborazione con l'Università di Tokyo è un dispositivo unico nel suo genere, destinato a rivoluzionare i sistemi di riconoscimento biometrico.
"L'odore umano è emerso come nuova classe di autenticazione biometrica", spiega il primo autore dello studio Chaiyanut Jirayupat. "Si utilizza essenzialmente la tua composizione chimica unica per confermare chi sei". Si tratta in sostanza di un insieme di piccoli sensori a 16 canali capaci di analizzare istantaneamente il respiro di una persona, riconoscendone l'identità (qualora questa sia già registrata, ovviamente). Il margine d'errore è bassissimo, si legge sulla ricerca pubblicata su Chemical Communications. Inferiore al 3% e migliore - seppur di pochissimo - rispetto al sistema di riconoscimento basato sul battito cardiaco sviluppato di recente da un team di spagnoli e iraniani.
Il respiro umano è risultato essere idoneo per trasmettere ai sensori la nostra identità. Non ci erano riusciti in precedenza i gas percutanei, troppo poco concentrati per essere rilevati dai sensori (parti per miliardo o per migliaia di miliardi), la soluzione risiede dunque nei composti volatili esalati dal respiro (parti per milione). I composti identificabili sono - per il momento - 28.
Il piccolissimo sensore olfattivo utilizzato nel test
I sensori olfattivi sviluppati riescono a rilevare determinati composti. I dati vengono poi inviati ad un sistema di machine learning che analizza la composizione del respiro e crea di conseguenza un profilo univoco da attribuire a quella determinata persona. I test, come detto in precedenza, hanno confermato l'elevato tasso di precisione dei sensori su diversi campioni, costituiti da individui di diverso genere, origine ed età.
Lo sviluppo futuro prevede l'integrazione di altri sensori, così che sia possibile rilevare altri composti e non sia necessario che - prima di sbloccare il proprio smartphone con il respiro - si debba digiunare per sei ore. Sì, perché per rendere più neutra possibile la ricerca si è chiesto a coloro che sono stati sottoposti al test di seguire una determinata dieta nelle ore immediatamente antecedenti. "L'aggiunta di più sensori e la raccolta di più dati può superare questo ostacolo", spiega Takeshi Yanagida.
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Commenti
Non c era un episodio di Southpark con questa "usanza"... Era disgustoso ricordo...
Già pronta l'app che ti invita a farti una doccia?
So già come mandarlo in tilt...
"folla"? Poi si vede pochissima gente, fra cui molti "addetti" e pseduogiornalisti.
Comunque quel presunto museo si trova in "Via Calore"... tutto torna
https://uploads.disquscdn.c...
Più che l'odore, la "fiatella"
Così ci sarà il mercato di Corni Umani
bravo Fido!!! :)
https://media4.giphy.com/me...
Annusami le scoregge!!!