Un robot chirurgo finanziato dalla NASA sbarcherà sulla ISS nel 2024

04 Agosto 2022 2

Si chiama MIRA ed è un piccolo robot chirurgo pronto ad accorrere in soccorso degli astronauti in missione sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) in caso di urgenze mediche. Perché, per quanto addestrati fisicamente e mentalmente per affrontare una permanenza nello Spazio sicura, oltre a essere monitorati in tempo reale da un team di esperti, gli astronauti rimangono pur sempre esseri umani.

Ad accelerare il progetto dell'Università del Nebraska-Lincoln e della startup Virtual Incision, che ha alle spalle diciassette anni di implementazione, è la NASA, che ha di recente predisposto un finanziamento di 100.000 dollari per raggiungere un obiettivo piuttosto sfidante: far compiere all'assistente robotico miniaturizzato il primo volo spaziale verso la ISS per una missione di prova nel 2024, che faccia da apripista a successive operazioni ufficiali in cui si punta a raggiungere la piena operatività.

In origine, MIRA non era stato progettato per essere impiegato nello Spazio, bensì come strumento d'assistenza chirurgica robotica destinato alle sale operatorie "terrestri", al pari di dispositivi simili che stanno già dando buoni risultati anche in Italia, dimostrando come la chirurgia eseguita con l'ausilio dei robot non sia più solo il futuro della medicina, ma anche il presente. Tra i suoi vantaggi, quello di poter essere inserito attraverso una piccola incisione, comportando dunque un'invasività minima, e di essere manovrato a distanza. Questi, uniti agli ultimi sviluppi della tecnologia, hanno convinto il team di scienziati a capo del progetto di sperimentare l'utilizzo del robot anche in microgravità.

Secondo quanto riferito dal gruppo di lavoro a capo del progetto, MIRA avrebbe già raggiunto i primi traguardi in ambito chirurgico, in particolare con operazioni mini-invasive di resezione del colon, che prevedono la rimozione di un segmento più o meno lungo dell'intestino del paziente.

Nel caso in cui l'assistente robotico funzionasse come previsto anche nello Spazio, i chirurghi a bordo della Stazione Spaziale Internazionale potrebbero dunque sfruttarlo per aiutare gli astronauti che necessitano di assistenza medica senza correre gravi rischi. In particolare, la tecnologia consentirebbe ai medici di terra di lavorare da remoto su un paziente-astronauta in missione nello Spazio, con l'intento dichiarato di spingere ancora più in là i confini della chirurgia robotica in vista di un aumento delle missioni spaziali (e della loro durata).

Un primo esperimento è stato fatto da un ex astronauta della NASA, Clayton Anderson, che ha impugnato i comandi del robot a distanza di circa 1400 km dallo stesso, posizionato all'interno del Centro medico dell'Università del Nebraska, guidandolo nello svolgimento di attività di simulazione di un intervento chirurgico.


Il dispositivo, che pesa poco meno di 1 kg, può essere installato su qualsiasi postazione operatoria attraverso un supporto regolabile integrato. Il suo controllo avviene attraverso i comandi manuali e i pedali della console chirurgica collegata al sistema, munita di display su cui vengono mostrate le immagini riprese dalla telecamera endoscopica del robot.

Il prossimo anno, MIRA verrà configurato per essere spedito in orbita: una volta superato il lancio e dopo aver raggiunto la ISS, inizierà a operare semi-autonomamente - previo input dato dagli stessi astronauti - all'interno di una piccola area deputata agli esperimenti (il suo ingombro è simile a quello di un forno a microonde). L'utilizzo del robot, inizialmente, sarà infatti circoscritto ad attività di sperimentazione, come il taglio di tessuti (artificiali), la manipolazione di piccoli oggetti e altre mansioni che imitano le tecniche chirurgiche.

Gli studiosi ritengono che prima di arrivare alla piena autonomia di MIRA, ci vorranno ancora anni, quando probabilmente saranno già state avviate missioni spaziali ben più lunghe e ambiziose di quelle attuali. Per ora, quindi, la spedizione del robot chirurgo nello Spazio servirà in primo luogo per metterne a punto la tecnologia in microgravità e risolvere qualche piccolo imprevisto fisico degli astronauti.


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