
Mobile 22 Giu
Frank McCourt è un miliardario americano magnate del mercato immobiliare, e ieri ha annunciato un piano per creare un sistema di social networking decentralizzato il cui obiettivo è di quelli molto ambiziosi: salvare internet. McCourt teme il potere che pochi grandi colossi, in particolare Facebook, hanno accumulato negli ultimi anni proprio grazie ai social: un potere quantificabile in denaro sonante, certo, ma anche in enormi quantitativi di dati personali raccolti.
Non avrei mai pensato che avrei messo in dubbio la bontà dei sistemi su cui gli Stati Uniti sono fondati, ovvero democrazia e capitalismo. Viviamo costantemente sorvegliati, e quello che sta succedendo con questa enorme accumulazione di ricchezza e potere da parte di pochi, è incredibilmente destabilizzante. Minaccia il capitalismo perché il capitalismo necessita di avere una qualche forma di correttezza per sopravvivere.
McCourt non è certo l'unico preoccupato della situazione attuale del settore tecnologico: le iniziative dei governi per fermare lo strapotere dei Big Tech sono sempre più concrete e pressanti, tra indagini, multe e riforme fiscali. McCourt pensa a un approccio diverso: offrire un servizio alternativo che non soffra dei difetti di fondo di quelli attuali. E ritiene che la blockchain sia il tassello fondamentale per risolvere il rebus.
Sfruttando la blockchain, la stessa tecnologia che rende possibili le criptovalute e che promette enormi passi avanti nella gestione e organizzazione delle informazioni, "Project Liberty" vuole realizzare una nuova infrastruttura internet definita Decentralized Social Networking Protocol, o DSNP. La blockchain applicata alle criptovalute come Bitcoin ed Ethereum implica che le informazioni della rete sono immagazzinate nei wallet digitali di chiunque vi partecipi; il DSNP punta a fare lo stesso con le connessioni sociali e i contenuti condivisi - insomma, i dati degli utenti.
Il ragionamento è questo: il potere di Facebook è nei dati che ha accumulato. Solo Facebook può accedere al suo database. Se il database fosse aperto e condiviso, i vari social dovrebbero competere tra loro per attirare l'attenzione dell'utente offrendo servizi migliori. Con un sistema di questo tipo, è molto, molto improbabile che uno dei concorrenti diventi grosso come Facebook. Questo entusiasmo nei confronti della tecnologia blockchain è condiviso da molti dei grossi nomi del settore tech, tra cui spicca Jack Dorsey, co-fondatore e amministratore delegato di Twitter. In effetti, a fine 2019 Dorsey aveva annunciato un'iniziativa, nome in codice Bluesky, che rileggendola ora ha molti punti in comune con Project Liberty.
Twitter is funding a small independent team of up to five open source architects, engineers, and designers to develop an open and decentralized standard for social media. The goal is for Twitter to ultimately be a client of this standard. 🧵
— jack (@jack) December 11, 2019
Frank McCourt, che in passato è stato anche il proprietario della squadra di baseball americana Los Angeles Dodgers e che ora possiede la squadra di calcio Olympique Marsiglia, fa sul serio: ha stanziato 100 milioni di dollari per avviare Project Liberty, e ha ingaggiato Braxton Woodham, co-fondatore del servizio di consegna pasti a domicilio californiano Sunbasket e precedente CTO (Chief Technology Officer) del rivenditore online di biglietti del cinema Fandango. McCourt ha detto che il denaro sarà così investito:
McCourt dice che è il suo terzo tentativo di sistemare la questione social network: in passato aveva fatto investimenti in aziende che credeva avrebbero modificato il modo in cui le persone interagiscono online. Ma è giunto alla conclusione che per ottenere questo cambiamento serve anche l'apporto teorico dei ricercatori accademici.
Commenti
Facebook è alla stregua di un club/piazza privata grande come il mondo. Nel momento che privatizzi il mondo lo comandi
Lo scopo è salvare internet da qualche riccastro con abbastanza soldi da poter censurare persino il presidente degli Stati Uniti. Nessuno dovrebbe avere così tanto potere e nessuno dovrebbe stabilire ciò di cui degli adulti consenzienti dicono fra loro online, come nessuno dovrebbe decidere ciò che io posso o non posso leggere online.
Ma infatti ti accompagnano fuori se non vuoi farlo con le buone arriva il pubblico ufficiale, con i social è effettivamente più semplice... sinceramente non credo sia applicabile una cosa del genere in internet, nei casi di revenge p0rn o diffamazione che facciamo? se aspettiamo la risposta di un giudice il danno è bello che fatto :D bene o male le policy dei social seguono quelle che sono le norme comportamentali di un qualsiasi paese civile, non si inventano nulla... Vogliamo farle decidere allo stato, ok, ma il gestore deve avere il potere di "buttarti fuori"
in tal caso dovrebbero intervenire le forze dell'ordine, se un commesso del negozio mette le mani addosso ad un cliente mi sa che il reato lo sta commettendo lui. e sempre in tal caso, previo accertamento della salute mentale, il negozio non può mettere fuori un cartello con scritto "clienti non accetti" e una bella foto, e non può rifiutarsi di farlo entrare la volta successiva (a meno di un intervento giudiziario in merito).
allora, si vede bene come l'opera dell'attuale contesto "social" sia inadatta.
Finchè c'è porn0 c'è speranza.
In teoria è già così solo che se "esci pazzo" ti buttano fuori, come in negozio, se urli teorie complottistiche e cattiverie gratuite ti possono gentilmente accompagnare fuori
Per salvare internet bisogna prima di tutto istruire chi ci gira perché senza un controllo diventa un letamaio, stessa cosa per la questione "consiglio super partes", internet gira troppo velocemente per essere controllato attraverso le normali burocrazie statali...
Come si può pretendere di "salvare internet" dalla gente che lo frequenta?
Per il momento l'unico paese al mondo che una sua internet è la Russia. Tutti gli altri sono nelle mani degli Stati Uniti.
Amen.
Jack Dorsey,contro lo strapotere dei social sugli utilizzatori...è come Siffredi contro il porno.
basterebbe estendere il concetto dell'acquisto nei negozi (so che c'è una legge al riguardo ma non mi viene in mente quale sia con esattezza), dove se ho un negozio non posso scegliere chi può entrare e chi no e non posso scegliere se vendere o non vendere un prodotto ad un dato cliente.
se è legale per lo stato dove sto operando devo essere obbligato ad accettarlo nel bene e nel male. che sia legale o meno sarà un problema dello stato. e se mi si viene a fare il discorso del "eh ma i controlli costano soldi" porto subito l'esempio della guardia di finanza che mi pare sia pagata dagli stessi cittadini per effettuare controlli analoghi nei negozi fisici.
Per "salvare" internet a mio avviso i gioverni occidentali dovrebbero istituire un consiglio super partes che prenda in esame tutte le criticità ed elabori linee guida a cui i governi siano costretti ad attenersi per legiferare, finché sono i privati ad alzarsi al mattino con un'idea in testa non serve a nulla, perché i big data approfittano proprio dei vuoti normativi
Bene.
Magnifico