
Google 25 Gen
Google è tornata a parlare di Privacy Sandbox, la sua iniziativa che punta (tra le altre cose) a liberarsi dei cookie di terze parti nel suo browser Chrome, e ci sono notizie sia buone sia cattive. La buona è che i test delle tecnologie sostitutive su Web si stanno espandendo (raggiungeranno "milioni" di utenti entro agosto), la cattiva è che ci sono dei ritardi. Google spiega che, più o meno all'unanimità, gli sviluppatori hanno detto di aver bisogno di più tempo per condurre i loro test, quindi si è deciso di spostare la deadline da fine 2023 a fine 2024.
Insomma, tutto rimandato di un anno circa; come mostra la timeline aggiornata, Google prevede di raggiungere la General Availability, cioè la disponibilità della funzionalità per tutti o la maggior parte degli utenti, a partire dal terzo trimestre del 2023, con la dismissione dei cookie che inizierà nel terzo trimestre del 2024. Esisterà quindi una fase in cui sia la nuova tecnologia sia quella tradizionale coesisteranno, in modo da permettere una transizione quanto più comoda e pratica possibile.
I cookie di terze parti sono uno dei principali strumenti su cui si regge il mondo dell'advertising online. Semplificando moltissimo, sostanzialmente significa che un sito diverso da quello che l'utente sta visitando sta tenendo traccia delle pagine visitate, e in base a esse propone annunci pubblicitari che ritiene rilevanti e pertinenti. Se un annuncio è efficace è un vantaggio per l'inserzionista, perché la pubblicità si può trasformare in un acquisto, e in un certo senso per l'utente, perché se non altro vede pubblicità che gli può interessare.
Negli anni, tuttavia, si è scoperto come questo approccio causi grossi problemi di privacy. L'utente è profilato e tracciato online, ed è possibile che soggetti terzi riescano a ricostruire in modo molto preciso i suoi movimenti online. Molti browser web hanno già disabilitato il supporto ai cookie di terze parti, e altre aziende hanno attivato iniziative più aggressive a tutela della privacy dell'internauta (in prima fila Apple con la sua App Tracking Transparency).
Google tuttavia ci sta mettendo molto più tempo per una serie di ragioni: per cominciare il suo browser Chrome è il leader del mercato e di gran lunga, quindi le sue scelte hanno un impatto molto più significativo sull'andamento del mercato (anche gli inserzionisti sono fatti di gente che lavora, per farla breve, e la pubblicità permette di usufruire di molti servizi gratuitamente), e poi naturalmente gli annunci online rappresentano (ancora oggi) la principale fonte di introiti per l'intero gruppo.
Commenti
Ma non devi comunque chiedere il permesso all'utente per memorizzare i dati?
dove le memorizzi le preferenze poi? in un server? Visto che i cookie ormai sono "morti" (anche se rimandano in continuazione)
Figo
Che poi i veri professionisti del web oggi usano le Web Storage API per memorizzare le preferenze e i dati dell’utente per uno specifico sito.
I cookie sono vecchi, per cui anche l’UE dovrebbe adeguarsi con la sua normativa…
Ovviamente saranno gli ultimi