
07 Dicembre 2021
02 Giugno 2021 3
In queste settimane il tema degli store digitali è particolarmente dibattuto, specialmente a causa dello scontro legale tra Apple e Epic che potrebbe portare ad un netto stravolgimento delle politiche che li regolano (se vince Epic) o ad una conferma praticamente definitiva del modello attuale (se vince Apple).
Che questo settore abbia bisogno di regole ben definite è comunque chiaro e a dimostrazione di ciò arriva una nuova class action intentata negli USA nei confronti di Roblox e della gestione del suo store digitale. Per chi non lo sapesse, Roblox è uno dei titoli più in voga del momento - specialmente tra i giocatori più giovani - e la recente quotazione in borsa dell'omonima azienda ha toccato i 45 miliardi di dollari, portandola davanti a colossi come EA e Take Two. Roblox non è un vero e proprio gioco, bensì si tratta di una piattaforma di creazione di contenuti generati dagli utenti attiva da ormai più di 10 anni.
Su Roblox è possibile interagire in tempo reale con gli altri utenti (c'è una forte componente MMO), entrare all'interno dei giochi creati dalle altre persone e acquistare oggetti, vestiti e altri accessori sviluppati dai programmatori che intendono vendere le loro creazioni su Roblox utilizzando i Robux, la valuta virtuale premium della piattaforma.
Proprio quest'ultima sarebbe al centro di una class action avviata lo scorso 25 maggio nel Michigan da parte di John Dennis e sua figlia Jane Doe (viene utilizzato il nickname per tutelare la privacy), i quali accusano Roblox di aver rimosso senza alcun preavviso dei contenuti per i quali erano stati spesi dei Robux, pratica già riportata anche da moltissimi altri utenti. Al centro di tutto ci sarebbe la discutibilissima gestione delle modalità di vendita dei contenuti digitali messa in pratica dall'azienda, la quale può portare alla cancellazione di un oggetto già acquistato dagli utenti, ai quali non viene concesso alcun rimborso.
Allo stato attuale, infatti, Roblox permette agli sviluppatori di vendere i propri contenuti senza passare per un processo vi approvazione e verifica della loro conformità alle regole della piattaforma. In seguito è possibile che il team di Roblox ritenga un determinato contenuto non adatto e proceda alla sua rimozione, il tutto senza emettere un rimborso nei confronti dell'utente che lo ha acquistato. Roblox, come tutti gli altri gestori di uno store digitale, trattiene il 30% sui ricavi generati dalla vendita di oggetti sulla sua piattaforma.
L'azienda è intervenuta dicendo che solitamente cerca un accordo con gli utenti quando si presentano problematiche simili, tuttavia questo non accade sempre in quanto è possibile che sorgano problemi con chi si occupa di distribuire i contenuti in questione, motivo per cui non si riesce sempre a trovare un accordo. In ogni caso la questione evidenzia come il tema degli store digitali sia particolarmente complesso e che non sempre il consumatore viene tutelato in maniera soddisfacente.
Sarà interessante capire se la causa nei confronti di Roblox costringerà l'azienda a rivedere le sue politiche, assicurandosi quindi che gli oggetti distribuiti siano conformi alle regole prima della loro messa in vendita, o - qualora questo dovesse essere troppo problematico - di introdurre un sistema di rimborso automatico che possa tutelare l'utente in caso di rimozione.
Commenti
Non capirò mai la gente che compra oggetti di gioco su giochi del genere. Boh
*ha da fare
nessuno a che fare?
beati voi.