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Spotify, Apple Music e gli altri: chi vincerà sul ring dello streaming musicale?

22 Settembre 2021 244

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Musica e streaming: trovare questi due sostantivi slegati tra loro è ormai una rarità. Dopotutto si sa che il nuovo Millennio è marchiato dal sorpasso della musica digitale su quella analogica in una corsa ad armi ormai impari. Nel 2020 i ricavi dell’industria musicale hanno raggiunto quota 21,6 miliardi di dollari, il 62% dei quali provenienti dai servizi di streaming, con una crescita a doppia cifra (+19,2%) rispetto all’anno precedente. L'anno della pandemia ha provocato un’esplosione ancor più sonora dello streaming audio che ha compensato lo stop dei live e le perdite del fisico, che nell'ultimo periodo si è però sorprendentemente rialzato, complice un ritorno revival al vinile e all'ascolto analogico.

Secondo MiDiA, sono circa 100 milioni i nuovi abbonati alle piattaforme di streaming musicale registrati nel 2020, che hanno portato il bacino d'utenza complessivo a 467 milioni (nel 2019, i nuovi abbonati erano appena 83 milioni).

La musica, una forma d'arte per sua natura immateriale, si è nel tempo spogliata degli ultimi brandelli di materia che la mantenevano ancorata al mondo fisico ed è diventata sempre più intangibile. Al netto delle metafore e dei dati numerici, rimane un'evidenza oggettiva e piuttosto scontata: lo streaming ha rivoluzionato il settore musicale e le modalità di fruizione della seconda arte, plasmando un mondo in cui l'abbonamento supera l'acquisto, il "possesso" del bene (materiale prima, digitale poi) cede il passo all'accesso illimitato in cloud e dove regna sovrano un "nuovo" protagonista: l'algoritmo.

Le correnti di pensiero sono due e antitetiche: c’è chi sostiene che lo streaming abbia minato, se non addirittura distrutto, l'industria musicale, affossando la centralità dell'artista, del progetto artistico inteso come album (e non come singolo brano) e dell'intera filiera; e poi c'è chi è invece convinto l’abbia adattata alla corsa del tempo e dei trend, salvandola dalla pirateria e dal declino dei supporti fisici. Quest'ultimo non è strettamente correlato (e causato) dall'avvento della digitalizzazione, chiederete voi? In un certo senso sì, motivo per cui, addentrandosi in questo discorso, si rischia di rimanere ingarbugliati in un circolo vizioso da cui è quasi impossibile uscire con un pensiero univoco e inattaccabile. Motivo per cui andremo oltre e, giusto il tempo di un articolo, proveremo a esplorare il florido panorama attuale della musica "liquida" e dei suoi protagonisti.

PARLANO I NUMERI

È uno scenario copernicano, quello in cui si inseriscono i servizi dello streaming musicale: l’offerta è ricca, le tendenze che trainano il settore anche. Dietro ai titani Spotify e Apple Music, locomotive del comparto, fa capolino una fitta schiera di piattaforme: ai veterani Deezer, Qobuz, Amazon Music e Napster (che da programma “pirata” di file sharing si è trasformato in servizio di streaming legalizzato a pagamento) si affiancano le giovani – chi più, chi meno – promesse YouTube Music (nato dalle ceneri di Google Play Music), Tidal e molti altri nomi meno noti ma con un discreto potenziale. Occhi puntati anche sull'onnipresente TikTok, che si sta lentamente insidiando nel settore e ha da poco unito le forze con Audius per gestire più in modo più completo la libreria audio interna (con il futuro lancio di un servizio ad hoc che si chiamerà TikTok Sounds).

Riguardo all'indice di gradimento, i numeri parlano ancora una volta forte e chiaro: quelli raccolti da MiDiA in una grande torta illustrativa incoronano Spotify regina delle sottoscrizioni, con il 32% delle quote di mercato e 165 milioni di abbonati, seguita dalla rivale Apple Music con il 16%. Subito dietro, a pari merito, Amazon Music e Tencent con il 13%, Google (8%) e Netease (4%). Fanalino di coda per Deezer (2%), Yandex (2%), Pandora (1%) e una fetta di altre realtà non specificate (9%).

ESPANSIONE CONTINUA

Prima di tracciare una panoramica delle varie offerte del mercato, è bene sottolineare che, negli anni, l'espansione delle piattaforme è stata dettata anche da una vera e propria corsa alle acquisizioni: sono tantissimi i big, primi fra tutti Spotify e Apple Music, che hanno assorbito startup e piccole aziende del settore per allargarsi a 360 gradi. La sola Spotify, dall'anno della fondazione a oggi, ne ha acquisite 22, collezionando nell'ultimo periodo realtà del mondo dei podcast (Podz e Anchor tra le ultime) per assecondare le proprie mire espansionistiche in quella direzione. Una mossa a cui Apple ha "risposto" con il lancio degli abbonamenti premium di Apple Podcast.

La stessa azienda di Cupertino ogni anno acquisisce silenziosamente decine di società con cui rimpinguare il suo già corpulento bagaglio di competenze tecnologiche. Fecero clamore al tempo le acquisizioni di Shazam e Beats, che segnarono una svolta del colosso in ambito musicale, e non solo nell'ottica del prodotto. È delle scorse settimane la notizia dell'acquisto di Primephonic, servizio di streaming di musica classica, chiara mossa strategica per immettere questo genere nel mare magnum del mainstream. Contestualmente all'acquisto, Apple ha fatto intendere che nel 2022 lancerà un’app di musica classica basata sulle funzionalità del servizio.

Per non parlare delle espansioni in termini geografici: Spotify, già presente in 178 Paesi, ha previsto un piano di sviluppo che lo farà approdare in 85 nuovi mercati; anche Apple Music, attiva in 167 stati, a breve atterrerà in altri Paesi.

Una colonizzazione ambiziosa e senza fine che porta a una diffusione ancor più capillare della musica in streaming, fruibile adesso in quasi ogni angolo del globo.

I PIANI E LE OFFERTE

L’offerta delle singole piattaforme muta di continuo, al passo con le evoluzioni del mercato e le esigenze degli utenti. Servizi come Amazon Music, Spotify, Deezer e altri si propongono all’utenza anche in veste gratuita che, al netto di una qualità audio non eccelsa e dagli intervalli pubblicitari piuttosto fastidiosi (bisognerà pur accettare dei compromessi), oltre ad altre comprensibili limitazioni, salvano milioni di utenti non paganti dall'horror vacui musicale (e dal ridursi ad ascoltare musica su YouTube).

Più complete le proposte premium, il cui costo è piuttosto omogeneo tra le piattaforme e ammonta a circa 10 euro mensili per l'abbonamento standard individuale, intorno ai 15 euro quello familiare (per le piattaforme che lo prevedono) e una versione ridotta che si aggira sui 5 euro per gli studenti. Completano il pacchetto le recenti (ma non per tutti) versioni HD, ma di quelle parleremo nel prossimo paragrafo. Con le opzioni a pagamento, è possibile accedere illimitatamente a milioni di brani che possono essere ascoltati o scaricati sul proprio dispositivo per l'ascolto offline. Esistono anche pacchetti annuali che permettono di risparmiare qualcosina.

C'è poi una novità in tema di abbonamenti: negli ultimi mesi si sta delineando una strada ibrida, del tutto inedita, che uno dei big dello streaming (senza fare nomi: Spotify) ha deciso di imboccare per primo: si tratta di una forma low cost di abbonamento, a metà strada tra la versione free e quella premium, chiamata Spotify Plus, che permette agli utenti di accedere ad alcune skill della versione a pagamento (come lo skip illimitato dei brani e la possibilità di scegliere il brano da ascoltare anche da smartphone) a un costo irrisorio. Sebbene non sia ancora noto se e quando debutterà la nuova formula, la notizia del suo presunto lancio potrebbe rimescolare le carte e invogliare gli altri big a studiare soluzioni simili.

In conclusione, considerando la somiglianza economica dei piani proposti dalle varie piattaforma, a fare la vera differenza ci pensano l'ampiezza del catalogo e i servizi extra. Due indicatori su cui i primi due big dello streaming hanno dimostrato più volte di essere particolarmente competitivi.

CORSA ALL'HIGH QUALITY

Appannaggio di una grossa fetta di fruitori di musica in streaming - le generazioni più giovani - è il fatto di non aver mai avuto, salvo rari casi, la possibilità di sperimentare la qualità dell'audio del compact disc, l'intramontabile CD. Sono altri i vantaggi di cui beneficiano i nativi digitali, come l'immediatezza e la semplicità d'uso, l'accessibilità (anche per quel che riguarda i costi), la mobilità, la condivisione social, la possibilità di ascoltare qualsiasi brano senza dover correre nel negozio di dischi più vicino. Il pegno da pagare in cambio di queste agevolazioni è però una bassa qualità dell'audio: la modalità di ascolto gratis viaggia mediamente su 160 kbps, mentre con gli abbonamenti premium si parla in media di 320 kbps; sono valori che certamente non soddisfano gli audiofili e gli ascoltatori più esigenti, avvezzi a una qualità ben superiore.

C'è però una modalità che si allinea alla qualità del CD e dei buoni impianti audio: si chiama High Fidelity (spesso abbreviata in "Hi-Fi") ed è un concetto che va a braccetto con quello di musica lossless (senza perdita): si tratta di musica non compressa che si ascolta tramite file FLAC e ALAC a 1411 kbps, 44,1 kHz/16 bit, e non con file Mp3 o AAC. Musica che, dunque, ha la stessa qualità e campionatura di un CD audio, se non addirittura superiore.

Nel panorama dello streaming audio, a contendersi lo scettro in questo campo sono storicamente Tidal e Qobuz, fino a poco tempo fa gli unici a offrire la formula Hi-Fi (Tidal offre un abbonamento in alta risoluzione a 19,99 euro al mese, Qobuz invece a 14,99 euro), raggiunti in seguito da Amazon Music e Deezer. A febbraio 2021, anche Spotify si è inserito nella staffetta dell'alta qualità annunciando il lancio, previsto per la fine dell'anno, della propria opzione di audio qualitativo: su Spotify Hi-Fi si sanno ancora pochi dettagli, ma si presume che l'upgrade sia in grado di offrire un audio FLAC lossless riprodotto fino a 1.411 kbps, cinque volte il bitrate che il colosso ha finora offerto (con la sua offerta premium da 320 kbps).

Photo credits: Apple

Pochi mesi dopo l'annuncio di Spotify, ecco spuntare come micete anche l'altro grande sfidante sul ring dello streaming musicale, Apple Music. La proposta della Mela morsicata verte anch'essa sul supporto dell'audio lossless e ad alta risoluzione, oltre alla musica in Spatial Audio basata su Dolby Atmos, una tecnologia audio sorround a oggetti che fa vivere un'esperienza d'ascolto che, più che HD, è immersiva e avvolgente (alla quale si sono convertiti anche Amazon e Tidal). Durante l'ascolto della traccia, il suono sembrerà provenire da ogni punto attorno all'utente: una specie di tuffo di testa dentro lo schema armonico e melodico di un brano musicale. La mossa interessante, che ha un minimo destabilizzato la concorrenza, è la scelta di mantenere lo stesso prezzo per l'upgrade all'HiRes.

Una decisione condivisa anche da Amazon Music che, al costo dell'offerta standard, propone due opzioni: quella in Alta Definizione (HD) fino a 850 kbps, circa il doppio del bitrate normale, e quella Ultra HD fino a 9.216 kbps (addirittura migliore dell'audio in qualità CD).

Tirando le somme, l'alta definizione sta diventando un elemento competitivo non solo per attirare nuove fasce di pubblico (soprattutto i musicofili adulti) ma anche per diversificare l'offerta in un mercato ormai consolidato.

HA SENSO L'HD?

Ma ha senso pagare di più per un abbonamento Hi-Res? Dipende da alcuni fattori, in primo luogo dalla capacità dell'ascoltatore di individuare le differenze e cogliere dunque i dettagli sonori che investono l'udito ascoltando musica ad alta fedeltà (esistono addirittura dei test per capirlo). Anche le abitudini d'uso delle piattaforme e le necessità degli utenti incidono sulla scelta dell'abbonamento: una volta provato lo streaming in alta risoluzione, i feticisti del buon audio non potranno più farne a meno, soprattutto con l'utilizzo di dispositivi di fascia alta. Storia diversa per gli ascoltatori occasionali o meno appassionati, che condurranno un'esistenza ugualmente soddisfacente anche con le formule premium. Insomma, ancora una volta la scelta è piuttosto soggettiva.

QUANTO CONTA LA HUMAN CURATION

Abbiamo detto che gli ingranaggi del mondo dello streaming sono rappresentati dagli algoritmi e dal più ampio concetto di machine learning, a sua volta rientrante nell'ambito dell'IA. Dietro all'intero meccanismo non manca, tuttavia, una forte componente umana. Qui entrano in gioco i curatori musicali, persone in carne ed ossa che si occupano di selezionare i brani e gli artisti più ascoltati dagli utenti basandosi sui dati raccolti dagli algoritmi. Sembrerebbe che questo ruolo sia nato in seguito dall'acquisizione, da parte di Spotify, di Tunigo e The Echo Nest, aziende che producono software in grado di riconoscere le preferenze musicali degli utenti e suggerire playlist allineate alle loro preferenze.

Apple Music è stata tra le prime a puntare sulla human curation dando vita a un team di esperti che, appoggiandosi ai dati raccolti dagli algoritmi del suo sistema, selezionano artisti e brani preferiti e li inseriscono tra i suggerimenti di ascolto personalizzati della piattaforma. Anche Spotify poggia su una squadra editoriale che svolge, tra le altre cose, un ruolo cruciale per l'elaborazione delle playlist suggerite dalla piattaforma, diventate i fiori all'occhiello del popolare servizio di streaming.

Impugnando le redini di molte delle funzionalità che contraddistinguono i big dello streaming, in tandem con la loro logica algoritmica, la human curation si afferma così come una potenza capace di fare la differenza.

QUALE SCEGLIERE?

A questo punto, la domanda è inevitabile: per quale piattaforma è suggeribile optare? Nonostante i primi della classe ci siano anche in questo settore, la scelta non è mai indifferenziata e viene anzi modellata dalle singole esigenze degli utenti: gli audiofili punteranno sul massimo della qualità audio, gli onnivori sulla vastità del catalogo, gli esteti su un'interfaccia di loro gradimento, le famiglie sulla condivisione degli abbonamenti, i monogami tecnologici su un tassello da incastrare nel proprio ecosistema preferito e così via.

Insomma, il mercato è ormai cristallizzato, gli attori moltissimi e sempre intenti a sgranare novità, i trend e i servizi in continua evoluzione e c'è davvero l'imbarazzo della scelta.

E visto che la musica comincia dove finisce il potere delle parole, come diceva Wagner, a voi l'ascolto.

VIDEO

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Commenti

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FlowersPowerz

La qualità è la stessa, costa pure di meno, per Tidal devi pagare 20 euro contro 10 di amazon. Tuttavia Tidal è supportato da uapp che con dac hifi se integrato nel telefono o esterno ti permette di superare i limiti di campionamento di andorid e sentore meglio, (48khz 24 bit è il limite, con uapp con Tidal puoi arrivare fino a 96khz, e con qobuz fino a 192khz)

Ergi Cela
Spiderman

Domanda: per abbonati si intendono solo quelli che pagano o anche quelli che non cacciano un soldo.

FlowersPowerz

puoi provare amazon music, che allo stesso prezzo ti offre musica lossless che invece tidal ti fa pagare 10 euro in più. Inoltre te lo offre senza alterazioni, mentre tidal la musica Hires la comprime con un codec propietario chiamato mqa e sono necessari dei decoder hardware dedicati per ottenere dal file mqa il suono hi res puro senza perdite. Sicuramente un vantaggio in termini di spazio occupato, ma non lato consumatore. Inoltre con il family amazon music ti permette se condiviso con altre 6 persone di farti 1 anno di servizio a 30 euro. Puoi convertire le playlist da un servizio all'altro gratuitamente tramite un sito chiamato "tunemymusic"

FlowersPowerz

tidal usa aac, spotify ogg. Aac è superiore come codec, anche in qualità "alta" , si sente oggettivamente meglio di spotify. È un dato di fatto, c'è poco da discutere, poi dipende dalla soggettività di ognuno, se si notano differenze o meno.

FlowersPowerz

fiio btr5 2021

ermo87

ma ti pare? quale banner dovrebbe infastidirmi tale da attivare un adblock. vai a fare le moraline da un'altra parte su xD ahahha

The Supreme Mat

Però non hai risposto, hai per caso AdBlock attivo allora? Che pezzente, guarda che solo perché tu non vuoi sorbirti qualche banner qua e là stai negando del profitto ai proprietari dei siti che visiti.
Ecco il tuo ragionamento.

ermo87

la retorica la fa solo chi se la può permettere

The Supreme Mat

Spero che almeno dopo tutta questa retorica tu non abbia adblock acceso sul pc

Jasper Frost

Si può ascoltare quello che si vuole senza shuffle e creare playlist ma nella versione Free va tenuto aperto come Youtube normale

Andrea Ferretti

Si sì è un po’ borderline. Comunque ti posso garantire che c’è il 192/24 e, infatti,Il mio piccolo DAC l’ho riconosce come tale. Prova l’album Hotel California degli Eagle 24bit /192 kHz

Alexander

Ho TIDAL hifi che uso per fare i mix… alla faccia del fanboy che sono ahah

Giovanni Alfano

Stai dicendo inesattezze e continui a ripeterle. Astenersi fanboy.

Giovanni Alfano

Dipende dalla catena audio. Sul mio impianto audio Bower&Wilkins da da svariate migliaia di euro, la differenza tra un mp3 128kbps e un master di Tidal è abissale. Su una cuffietta cinese da 5 euro suonano invece pressochè uguale.

Alessandro

Plex server sul PC e su smartphone scarichi plexamp

Fabio

Che poi il vero problema è la qualità del master originale... se i master originali sono su nastro magnetico, lo puoi campionare anche a 128bit/200Mhz che la qualità quella rimane, la gamma dinamica non cresce come per magia.
C'è tanto marketing in tutto questo, alla fine un formato audio è un contenitore, il quale ha una capacità massima, ma non è detto che venga sfruttata.
Un secchio d'acqua da 10 litri riempito a metà fa lo stesso lavoro di uno da 5 riempito fino all'orlo

Gianluca

Qualcuno utilizza Youtube Music versione free? Si possono creare playlist e sentire ciò che si vuole o c'è il vincolo della shuffle?

Paperik

Ciao Fiio Btr5 puoi usarlo come dac audio e bluetooth 5.0 suona molto bene, puoi optare se no per IFi hi-dac ampli dac ottimo

Paolo Orione

Confermo, pur a parità di bitrate tidal suona meglio perché ha un algoritmo di compressione diverso da spotify. Il suono è più profondo e anche senza essere fenomeni te ne accorgi

Supa Hot Fire 2

il solito itaGliano che pensa di essere migliore degli altri rubando e cerca delle scuse ridicole per giustificarsi.
"everyone is stupid except me" cit.

Damiano Pauciullo

Sinceramente non l'ho mai usato per moltissimo tempo consecutivamente, ma non mi è mai sembrato troppo avaro di batteria.

Comunque sono usciti un po' di aggiornamenti, magari hanno risolto.

Vespasianix

Alternative a cloud player per la MIA musica invece?

ally

in un blind test nessuno riesce a distinguere un mp3 320 da un loseless, non ci riesce nemmeno un ragazzo sotto i 20 anni con l'orecchio assoluto. Che poi il file sia stato rippato in maniera pessima è altro discorso ma il problema non è il formato, provare per credere > www npr org /sections/therecord/2015/06/02/411473508/

ally

ottimo per far venire grandi mal di testa

dan

semi OT: ho un paio di fidelio e, con un piano hifi, vorrei prendere un dac per migliorare l'audio di tablet o telefono. avete qualche consiglio?

grazie

xdepr

A me bruciava la batteria, hanno risolto?

xdepr

Non sei tu, è che per sentire una marginale differenza nell’ascolto audio non bastano ottime cuffie, serve anche un ottimo dac amp e una buona sorgente (formato flac), altrimenti oltre i 100€ le cuffie sembrano tutte uguali

Alexxx

"Il formato audio lossless sarà presto disponibile in diverse risoluzioni per gli oltre 75 milioni di brani del catalogo Apple Music.1 In Apple Music, “Lossless” indica il formato audio lossless fino a 48kHZ mentre “Hi-Res Lossless” indica il formato audio lossless da 48kHz a 192kHz."

Preso dal loro sito ufficiale..hanno a catalogo l audio lossless cioè fino a 48 kHZ.
Per ora non paragonabile a una maggiore qualità e resa sonora rispetto a Tidal.

Alexxx

In fatto di qualità Hi-Res è per tutti uguale anche perchè la codifica audio rimane per tutti sempre la stessa..discorso diverso invece per quanto riguarda l MQA di Tidal in cui si arriva a toccare punte molto piu alte in fatto di Bitrate e Khz e li c'è poco da fare per Spotify e compagnia bella...

Alexander

Si, sei strano perché quel che dico è innegabile. Io le uso tutte per scopi diversi, ma proprio tutte e TIDAL purtroppo in quelle cose pecca molto

matteventu

Eh che ti devo dire, sarò io strano ad essermi trovato meglio con app/UI/playlist di Tidal rispetto a quelle di Spotify.

Undertaker

Visto che hai fatto riferimento al mio commento...

Alexander

Sono assolutamente paragonabili e visto il costo non lo consiglierei mai TIDAL premium. Nessun supporto ad Alexa o Google home, playlist inferiori alle controparti, app stranamente pesante rispetto le altre… TIDAL ha senso solo se usato in versione hifi su un buon impianto, stop

matteventu

L'utente ha chiesto nello specifico per quanto riguarda la qualità audio, e relativamente ad essa io ho risposto.
E no, il tuo altro commento è errato.
Tidal Premium e Spotify Premium non hanno la stessa qualità.

Alexander

Non è migliore se in playlist e fruibilità dell’app risulta ancora dietro le concorrenti

kedwir

Guarda.. ieri sera ho fatto qualche test, ci sono diversi siti che lo permettono, ti fanno ascoltare brani non compressi e gli stessi compressi con bitrate differenti, Io con le cuffie che ho non sono riuscito a trovare differenze tra mp3 a 320kbs e audio non compressi, una lieve differenza l'ho avvertita solo con file a 128kbs, ma solo perchè li confrontavo immediatamente con quelli non compressi. Ti consiglio di andare su uno qualsiasi di quei siti e fare il test tu stesso.. forse sono io che non ho apparecchiatura buona o orecchie buone :-(

kedwir

Ho fatto quei test per vedere se sentivo la differenza tra l'audio non compresso in alta qualità e gli mp3 a 128kb e 320kb.. ho provato con alcune cuffie, solo con quelle che io reputo migliori (e a quanto pare a ragione) sono riuscito a beccare gli audio con qualità migliore ma senza alcuna distinzione tra mp3 compressi a 320kb e non compressi.. Con tutte le atre cuffie non distinguevo neanche quegli mp3 compressi a 128kb.. sono curioso di fare la stessa prova con le casse.. non ho impianti costosi, ma qualche cassa Marantz - 5.1 Yamaha e casse audio per pc.. ma dubito noterò alcunchè.. Alla luce di ciò, per me andrà bene quasi ogni servizio, tuttavia ci sono rimasto male, pensavo che la differenza fosse ben maggiore, spesso si nota solo se le canzoni a bassa e alta quaLITà si mettono immediatamente a confronto l'una con l'altra..

Alexander

TIDAL premium ha la stessa qualità di Spotify e YM ma meno funzioni, per questo lo sconsiglio. Spotify se ti interessa solo l’app musicale, YouTube Music se usi anche YouTube e ti interessa togliere la pubblicità e sbloccare funzioni premium

matteventu

1- No, Tidal è comunque migliore.
2- Dipende, se ti serve Spotify Connect e/o prevedi di necessitare di integrazione con molte piattaforme diverse, allora Spotify è meglio di YouTube Music.

Quasar31

eVvai!

Quasar31

Lo pensa lei perche' e' un po' anzianotto.
L'udito cala un pochetto con gli anni.

Quasar31

Devo dire che Deezer non e' affatto male.

Quasar31

Non credo. Devi almeno avere delle cuffie dell'Acer per sentirla :P

AstroThunder.

Ma come qualità audio Tidal standard e Spotify premium sono uguali ? E tra Spotify premium e YouTube Music cosa consigli ?

ondaflex

immagino dovrai fornirgli tutti i tuoi dati

ondaflex

160 kbs si sentono male anche su un telefono

boosook

non ho detto te, ma in passato l'ho letta più volte... eh ma la compressione che usa Apple è magica, indistinguibile dal CD... :)

Alexander

TIDAL non ha senso se lo usi in versione standard, trovi di meglio come Spotify, Deezer e YouTube music. Discorso diverso se ti interessa l’audio in alta definizione

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