Oumuamua è il nome impronunciabile dato dagli astronomi del Canada-France-Hawaii Telescope al primo asteroide extrasolare mai osservato dall’uomo. La parola ha origine hawaiana, e significa “messaggero”, ben più poetica rispetto al termine scientifico 1I/2017 U1 con cui viene identificato ufficialmente.

L’oggetto interstellare presenta una forma allungata e stretta, e così come è entrato velocemente dentro il nostro sistema solare, altrettanto velocemente ne sta uscendo per proseguire la sua corsa nello spazio (la sua velocità è di 38,3 km/secondo). Ad intercettarlo ci ha pensato fortunatamente il telescopio hawaiano, attraverso il quale gli astronomi hanno potuto constatarne la traiettoria eccentrica, prova inequivocabile della sua provenienza extrasolare.

Una volta capita l’importanza del corpo celeste, gli esperti hanno rapidamente puntato verso di esso un secondo telescopio, il Very Large Telescope dell’European Southern Observatory posizionato nel deserto di Atacama in Cile. È la prima volta in assoluto che si osserva un fenomeno del genere: 400 metri di lunghezza, circa 40 di larghezza, dalla “forma complessa e contorta”, come spiegato da Karen Meech dell’Institute for Astronomy delle Hawaii.

Non si tratta di una cometa, come inizialmente supposto dagli scienziati, considerando il fatto che non è stata registrata nessuna attività cometaria. Il corpo non presenta tracce di polvere, ed ha una luminosità variabile:

“Questa variazione di luminosità insolitamente grande significa che l’oggetto è molto allungato”, ha spiegato Meech. “ Abbiamo scoperto che ha un colore rosso scuro, simile agli oggetti delle zone esterne del Sistema Solare”.

Durante il suo lungo viaggio iniziato milioni di anni fa (è anche passato vicino alla stella Vega), Oumuamua è stato continuamente bombardato dai raggi cosmici, ed è ora a circa 200 milioni di chilometri dalla Terra. Si tratta di una osservazione destinata a scrivere la storia dell’Universo, consentendo agli astronomi di raccogliere preziose informazioni sugli elementi chimici presenti in sistemi solari “esterni” e permettendo di formulare ipotesi sulla nascita dei sistemi planetari.