
23 Agosto 2017
Due giorni fa, la famosa rivista di divulgazione scientifica Nature ha pubblicato in Rete l'articolo di un team di ricercatori australiani che è riuscito in un'impresa molto importante: per la prima volta nella storia, la luce è stata trasformata in un suono dentro a un microchip.
I computer basati su chip fotonici promettono, in teoria, grandissimi vantaggi rispetto a quelli tradizionali: temperature di esercizio nettamente inferiori, velocità operative molto più alte e meno consumo di energia. Il tutto usando la tecnologia già ben rodata dei cavi a fibra ottica. Il problema è che i fotoni sono estremamente veloci, e per riuscire a sfruttarli in un processore è necessario in qualche modo rallentarli. In alcune circostanze è fondamentale disporre di più input allo stesso momento, e ciò vuol dire che uno o più di essi devono essere tenuti "in standby" fino a che non arrivano gli altri.
Qui entra in gioco il suono, che è molto più lento della luce. Entrambi si muovono come onde: la luce è una radiazione, che può viaggiare anche nel vuoto, mentre il suono è una vibrazione, che nel vuoto non si propaga (saprete tutti che nello spazio non si sente niente, anche se gli X-Wing di Guerre Stellari sembrano indicare il contrario). La conversione da luce a suono non è un'idea nuova, di per sé: è il principio che fa funzionare le radio, tra l'altro.
Nel chip messo a punto dagli scienziati, l'input consiste in due raggi luminosi. Uno trasporta i dati effettivi, l'altro serve semplicemente a favorire la creazione dell'onda sonora. Entrambi attraversano un speciale cavo che guida l'impulso luminoso come una fibra ottica. Quando le due onde luminose si scontrano, le informazioni nel campo elettrico contenute nella "onda dati" eccita il materiale, che crea una vibrazione la quale genera un'onda sonora. Il processo è anche reversibile, sfruttando un'altra onda luminosa di supporto.
Come sempre, scoperte scientifiche di questo tipo indicano che, per quanto importanti, le implementazioni in prodotti finiti sono ancora molto lontane. In questo primo esperimento, il segnale sonoro è durato solo 3,5 nanosecondi, e non è stato nemmeno perfettamente efficiente - vale a dire che una parte dei dati si è persa.
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Commenti
E un laser cosa sarebbe scusa? Guardate che sempre di radiazione elettromagnetica si parla, nell'uscita ottica rientra anche nello spettro visibile.
La differenza sta nel fatto che l'audio ottico (quello dei televisori per capirci) è chiamato ottico perché l'informazione viene trasmessa su una fibra ottica in formato digitale, viene poi ritrasformata in un segnale elettrico e poi tramite trasduzione (gli altoparlanti) diventa segnale sonoro.
Qui è interessante perché è stata direttamente trasformata la luce in suono con una trasduzione diretta.
Ah, quindi a guardarlo ci si squaglia la retina...sarà leggero immagino... Grazie dell'info
Vai a confessarti insieme a Tim Cook dal parroco, subito!
In cosa sarebbe diverso?
L'optical
aspe, laser questo o l'optical?
Trasformato in laser...
Che è diverso.
Da ign0r@nte in materia, ma l'audio ottico non è suono trasformato in luce?
L'utente "La luce di d10" = il suono che fa "quella molle" quando stai al cesso con il male di pancia.